INTERVISTA AL GRANDE PAOLO RUFFINI

postato in: CINEMA, L'INTERVISTA, TOP ONE NEWS | 0

Sul suo ultimo Capolavoro: il Docufilm “PerdutaMENTE”  

di Michela Flammini

“PerdutaMENTE” è il significativo titolo dell’ultimo capolavoro di Paolo Ruffini, diretto a quattro mani con Ivana Di Biase: un Docufilm, definito dallo stesso attore e regista “Un film sull’amore… non sull’Alzheimer…”. Si perché quelle sapientemente raccontate da Ruffini con tanta umanità ed enorme partecipazione, vedono sì come protagonisti dei malati di Alzheimer, ma sono di fatto storie d’amore: l’amore per una compagna di vita, ma anche per una mamma, un fratello, una nonna, un nonno…

Paolo Ruffini (attore e regista) – Michela Flammini (nostro direttore)

In occasione dell’anteprima stampa del Docufilm ho avuto il piacere di poter intervistare Paolo Ruffini, (dopo aver speso tutte

le lacrime che avevo per questo commovente e intenso film), bellissimo davvero, perché gli occhi dei protagonisti “persi” e “spaesati” toccano l’anima nel profondo, ma le forti emozioni di chi gli sta accanto ogni giorno, vanno diritte al cuore…

Tutti conosciamo Paolo Ruffini come attore comico,  peraltro divertentissimo con la sua parlata toscana e la battuta sempre pronta, un po’ irriverente, ma al contempo sempre rispettoso anche con i ragazzi che lavorano con lui nello spettacolo “Up and Down”: si vede lo adorano, e viceversa…  “Perdutamente” ti strappa tante lacrime è vero, ma a tratti l’ironia appassionata di Paolo viene fuori, nel prendersi in giro e nell’assecondare le parole dei pazienti, in un modo così umano ed empatico, che solo lui sa fare e che, nonostante la profondità del tema, non ti fa trattenere il sorriso…

Un Docufilm non leggero certo da vedere, ma che con le sue importanti riflessioni, dovrebbe essere visto da grandi e da adolescenti, che purtroppo domani potrebbero essere i protagonisti o i familiari, o gli amici di chi combatte questa dura malattia.

Dopo l’enorme successo dell’anteprima di tre giorni al cinema, il film sarà, speriamo molto presto, disponibile sulle piattaforme streaming, per permettere la visione ad un pubblico più ampio. Personalmente ve lo consiglio davvero, perché cambia le persone da dentro, come ci ha confidato lo stesso Ruffini durante l’intervista: esci dal cinema e sei una persona nuova…

Da sinistra: Marlon Pellegrini (Luce Cinecittà) – Angelisa Castronovo (Produzione) – Ivana Di Biase (coregista) –Paolo Ruffini (regista e attore) – Antonino Moscatt (Produzione) – Claudia Campolongo (Musiche)

Ecco cosa ci ha detto Paolo, in occasione della presentazione stampa di “PerdutaMente”:

Il progetto è stato appoggiato da Roberto Cavalli e per la distribuzione da Luce Cinecittà, ci racconti il loro intervento?

Roberto Cavalli è un mio amico e quando gli ho chiesto una mano per questo film, mi ha subito supportato. Ringrazio anche Luce Cinecittà perché avere questa distribuzione è già un premio per noi: un abbraccio istituzionale.

Hai un parente o amico che ha l’Alzheimer: da dove nasce questo progetto?

Me lo chiedono in tanti, come quando ho fatto Up and Down, “ma hai un parente…” no, non credo che si debba per forza avere un’attinenza personale per fare qualcosa, anzi io sono partito con questo progetto come l’armata Brancaleone, un po’ alla Don Chisciotte: un volo e un viaggio che non sapevo dove mi potesse portare. Ero semplicemente mosso dalla curiosità, perché i film e i documentari più belli che vedo, sono proprio quelli mossi da questo sentimento, che riesce a mantenere anche un po’ di distanza rispetto a quello che si racconta.

Paolo Ruffini

Sono partito dall’idea che in un periodo come quello che stavamo vivendo di piena pandemia (abbiamo realizzato questo film in circa 2 anni, 20 mesi per girare e 4 intensi mesi di montaggio fatto dalla nostra Karolina Maciejewska), fosse urgente un progetto del genere, perché siamo in un momento storico in cui si parla molto di malattia ma si parla poco di salute, si parla tanto di morte e si parla poco di vita. Allora mi interessava spostare il fuoco: c’è veramente qualcosa di “positivo” che riguarda questa malattia, nessuna malattia è bella ovviamente…

E l’hai trovata questa risposta?

Come dice anche Franco (uno dei protagonisti del Docufilm), la grandezza della malattia è che questa non è solo una patologia, ma è un modo diverso di concepire la vita e, come racconta anche il film, siamo qui, in questo mondo, forse non per vivere, ma per amare: avevo percepito già questa suggestione in qualche immagine di qualcuno che raccontava di questa malattia e poi mi chiedevo perché se ne parlasse così poco su larga scala, così, come era successo prima per “Up and Down” abbiamo pensato che si potesse realizzare un film “pop” su questo tema.

“PerdutaMENTE” è un film vero e proprio, che va oltre il mero documentario, sia nella durata che nella forma, ce lo confermi?

Si, questo non è un film a tesi o di divulgazione, anzi si riconosce proprio che è un film, un’opera cinematografica in 3 atti: primo atto, secondo atto e atto finale…

Da sinistra: karolina Maciejewska (montatrice) – Angelisa Castronovo (Produzione) – Claudia Campolongo (Musiche) – Paolo Ruffini (regista e attore) – Ivana Di Biase (coregista) – Antonino Moscatt (Produzione)

Cosa vi aspettavate da questo film?

Con Ivana, che mi sostiene da tanti anni e che è coregista di “PerdutaMENTE” (lei è la parte più scientifica, io invece quella più “approssimativa”), ci siamo ritrovati a realizzare questo film che come in altre occasioni, ci è sfuggito un po’ di mano…

Siamo in un momento storico in cui già dire qualcosa è tanto per cui se noi abbiamo detto qualcosa abbiamo già raggiunto un importante obiettivo.

Cosa sapevi dell’Alzheimer e cosa hai scoperto di questa malattia?

Quelle che, palesando la mia ignoranza iniziale, pensavo fossero storie di Alzheimer legate a una signora anziana con un signore anziano, che vivono una situazione traumatica, si sono rivelate poi, man mano che arrivavano le storie, qualcosa di diverso: Quando Ivana mi ha detto: “Guarda Paolo stanno arrivando racconti in cui il legame di amore, il legame familiare riguarda anche pazienti giovani e intere famiglie”, ho capito che la mia idea iniziale era sbagliata e l’Alzheimer era molto di più.

Paolo Ruffini (attore e regista) con i protagonisti (familiari dei pazienti con Alzheimer)

Ti conosciamo come comico, e ti troviamo poi a parlare di temi così profondi ed importanti, pensi che i due mondi siano collegati in qualche modo?

Per me la comicità è molto profonda, e ovviamente comici illustri, ma anche le tragedie elleniche che ci hanno preceduto, raccontavano di episodi tragici, magari in versione comica. Siamo noi, che in questo momento storico, scambiamo la comicità per “Hakuna Matata”: senza pensieri, se rido non devo pensare a niente, ma il più grande senso del comico è in realtà proprio la tragedia. Anche a livello contemporaneo, per esempio, il comico per eccellenza, Checco Zalone, nei suoi film presenta sempre una tematica profonda e anche nella nostra “Commedia all’italiana”, se pensiamo a Risi e Monicelli, si riusciva a raccontare un versante “divertente” anche dietro la Grande Guerra o a tematiche importanti. Quando si trova quell’anello di congiunzione, si raggiunge lo Zenith della meraviglia: è per questo che dico sempre che un grande equivoco che avviene sempre in Italia è pensare che il comico sia soltanto un “giullare”…

Frammento dal film PedutaMENTE

Il tuo approccio è sempre molto empatico con i ragazzi down, come con i protagonisti di questo film, ci spieghi come ti sei approcciato a questo progetto?

Ho uno sguardo iniziale veramente neutro, di “spettatore” rispetto all’evento e questa cosa mi spinge ad esprimere delle curiosità, senza dare mai nulla per scontato.

Qui pensavo fosse necessario entrarci un po’ di più, vista la tematica trattata e non è stato facilissimo: è un film che mi ha cambiato tanto, in tutti i sensi, mi ha “sformato”… mi ha fatto ingrassare anche… non so neanche cosa mi abbia fatto diventare in realtà… ma mi ha cambiato molto!

Invece il progetto Up and Down, ce ne parli?

Il progetto Up and Down continua ancora parallelamente nei teatri italiani, insieme alla compagnia di tutti i miei amici e colleghi di “Up and Down”, ma è molto diverso da questo, è teatrale, “PerdutaMENTE” invece è proprio legato al cinema: ha una sua dimensione filmica che soltanto forse nella forma del documentario poteva essere espressa, se avessi raccontato queste storie come film, con degli attori e una sceneggiatura, penso che sarebbe apparso tutto improbabile e poco credibile.

Perché la scelta del diapason come simbolo, all’interno del film?

Perché mi sono accorto che le persone con l’Alzheimer è come se fossero “stonate”: come quando perdi l’intonazione, se si pensa alla vita come ad una canzone, come se si leggesse uno spartito e ad un certo punto si stonasse, ma non facendo un errore, proprio non prendendo la nota, cantandone un’altra, cambiandone la tonalità, non riuscendo ad armonizzare… Ho pensato quindi che il diapason potesse essere il simbolo della “riaccordatura”.

C’è tra le storie anche quella di una coppia di musicisti, ce ne parli?

E’ stato un episodio bellissimo, vederli suonare insieme improvvisando, come se leggessero una stessa partitura: loro sono stati proprio il simbolo della nostra ricerca. C’è un bellissimo lapsus di lui che ad un certo punto, nel film dice “Da quando abbiamo la malattia…”, parlando al plurale e questo è molto significativo.

Frammento dal film PedutaMENTE

Un episodio che ti ha colpito?

Mi ha colpito molto la signora con il figlio disabile che, a causa dell’Alzheimer ovviamente non si rendeva conto dell’età del figlio (che è grande ormai) e ci domandava: “Ma perché non lo posso cullare?”, perché per lei era sempre il suo bambino, per lei il tempo non era passato e giustamente si chiedeva perché non potesse cullarlo come fanno tutte le mamme…

Invece un episodio simpatico, che è accaduto durante le riprese?

C’è una scena del film in cui siamo in macchina con uno dei protagonisti, un giovane ragazzo con sindrome di Down, affetto da Alzheimer e ad un certo punto gli chiedo, quale fosse la sua canzone preferita che volesse ascoltare e cantare: lui mi dice il titolo di una canzone di Vasco Rossi (scoprirete quale vedendo il docufilm) e lì mi è preso un colpo, (ma anche a tutta la troupe), perché pensavamo già di dover tagliare quella parte nel film, invece poi abbiamo contattato Vasco e lui molto carinamente ci autorizzato ad utilizzarla nel film.

Grazie della simpatia e della disponibilità, oltre che di averci regalato un capolavoro di Docufilm!

Grazie a voi e un saluto a tutti i lettori di “Top-One”!

Qualche informazione in più sul film e sul regista, per approfondire:

SINOSSI

Il morbo di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa che colpisce il sistema nervoso centrale, determinando decadimento fisico e cognitivo, perdita della memoria, della coscienza e della percezione del sé e della realtà.
Paolo Ruffini attraversa l’Italia per intervistare persone affette dalla malattia di Alzheimer e i loro familiari, definiti “seconde vittime” dell’Alzheimer, che si trovano ad affrontare un carico fisico ed emotivo enorme accompagnando i propri cari attraverso il doloroso cammino della malattia.
Dalla malattia di Alzheimer, ad oggi, non è possibile guarire, tuttavia è possibile curarla, nel senso di “prendersi cura” di chi si ama, e l’unica cura possibile è l’amore.
Il centro narrativo del documentario non è la malattia, ma le emozioni e i sentimenti che legano i pazienti ai propri cari.
Attraverso le interviste si raccontano diverse storie d’amore, e soprattutto diverse dimensioni dell’amore: quello tra compagni di vita, tra genitori e figli, nonni e nipoti, tra fratelli e sorelle.
In questo viaggio, tra storie e sentimenti, mentre la memoria della realtà viene progressivamente sgretolata dalla malattia, resta invece la memoria emotiva che rappresenta l’unico legame che i pazienti conservano con la vita che li circonda.
“Io non so chi sei, ma so di amarti”
 
IL MORBO DI ALZHEIMER
Il morbo di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa irreversibile, per la quale non esiste cura.
È la forma più comune di demenza, che colpisce le cellule nervose di varie regioni celebrali (corteccia, gangli e ippocampo), e comporta una progressiva diminuzione delle capacità cognitive.
I sintomi precoci più comuni sono la perdita della memoria recente e le alterazioni comportamentali. L’avanzare della patologia provoca sintomi sempre più gravi, tra cui disorientamento, cambiamenti della personalità, confusione spazio-temporale, depressione, ansia, allucinazioni e deliri, difficoltà nel linguaggio e nei movimenti, nonché gravi perdite di memoria da breve a lungo termine.
Secondo il Rapporto OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e ADI (Alzheimer’s Disease International) la demenza, nelle sue molteplici forme, è stata definita “Una priorità mondiale di salute pubblica”.
Le stime più recenti a livello internazionale indicano che nel mondo vi sono circa 35,6 milioni di persone affette da questi disturbi, con 7,7 milioni di nuovi casi ogni anno e un nuovo caso diagnosticato ogni 4 secondi. Il numero di persone con demenza, e principalmente Malattia di Alzheimer, dovrebbe triplicare nei prossimi 40 anni.
In Italia circa 1 milione di persone ne sono affette e circa 3 milioni sono direttamente o indirettamente coinvolte nell’assistenza dei loro cari.
 
PAOLO RUFFINI – BIO
Attore, regista e autore poliedrico, la sua carriera spazia dal cinema, alla televisione, al teatro. Da sempre dedito al mondo del sociale, negli anni ha realizzato diversi progetti artistici che avevano in comune il tratto leggero e disincantato come filo rosso per sviluppare ed analizzare temi complessi come quello della patologia mentale, con i documentari Quore Matto, Seondo te, Cosa Vuoi?, Peter Panico, della felicità nel dolore con il documentario Resilienza, e della disabilità con il Progetto UP&Down, un happening comico con attori con sindrome di Down che ha riempito i più
prestigiosi teatri d’Italia, da cui è poi nato l’omonimo documentario cinematografico UP&Down – Un film normale, che ha ottenuto il premio Kineo alla 75° Mostra del Cinema di Venezia e una menzione speciale ai Nastri d’Argento 2019, e che è anche diventato un libro La Sindrome di UP, edito da Mondadori.
 

CREDITS
Una produzione: Vera Film, Well See
Una distribuzione: Luce Cinecittà
Durata: 76’
Regia: Paolo Ruffini e Ivana Di Biase
Musiche: Claudia Campolongo – Gianluca Sambataro
Montaggio: Karolina Maciejewska
Digital post production: Backlight Digital
Aiuto regia: Francesco Pacini
Direttore di produzione: Vittoria Marinelli
Produttore esecutivo: Alessandro Grieco
Prodotto da: Paolo Ruffini e Nicola Nocella – Antonino Moscatt e Angelisa Castronovo
In collaborazione con: Fondazione Polli Stoppani
Con il contributo di: Roberto Cavalli

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *