Il Veneto in cui innamorarsi

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Alla scoperta di piccole grandi emozioni nel romantico Veneto

di Beatrice Crescentini

Questo febbraio 2021 è un mese davvero strano: negli stessi giorni cadono da un lato le celebrazioni più pazze di tutto l’anno, quelle del carnevale, ma come un’isola battuta dai marosi in tempesta si erge la festa degli innamorati che cade nel giorno dedicato a San Valentino. L’origine di questa ricorrenza è ancora un mistero (“ripicca” rispetto alle dissolutezze dei Lupercalia? Semplice ricordo di un gesto d’amore compiuto dal santo mentre era in vita?), ma quel che è certo è che la sua tradizione è ben radicata nella cultura europea da almeno 600 anni. Ecco allora che se nella rubrica di arte abbiamo dedicato spazio alla pazzia dei giorni di carnevale, per par condicio è giusto anche dedicarne alla festa degli innamorati.

Possiamo essere più o meno d’accordo con il modo di festeggiare consumistico che si è andato sviluppando negli ultimi anni, ma è innegabile che prendersi un giorno per deporre le armi dalle lotte quotidiane e celebrare chi ha deciso di rimanerci accanto nel bene e nel male riesca a far scaldare il cuore quanto il caldo fuoco di un camino. Dunque per questo motivo il nostro giro continua alla scoperta del Veneto attraverso le sue storie d’amore più e meno note, con nomi altisonanti come Romeo e Giulietta i cui cuori battono al pari degli sconosciuti amanti del ponte de le Maravegie mentre nell’aria si sparge l’aroma dei fiori di lavanda.

Pronti? Allora andiamo!

Venezia: la storia di Maria, del barcaiolo e del ponte de le Maravegie

Si narra che nelle immediate vicinanze dell’attuale ponte delle Meraviglie, sul Rio de San Trovaso, viveva una casa in cui erano nate sette figlie, di cui sei bellissime e una bruttina. Tutti ovviamente, compreso un prestante barcaiolo, facevano la corte alle sei, trascurando l’ultima sorella.

Dopo un po’ il giovane iniziò a sentirsi debole e malato, ma i medici non riuscivano a capacitarsi del suo stato di salute e tutto faceva pensare a un intervento magico. Forse malocchio? Intanto il giovane peggiorava. Ma certo: doveva essere per forza la bruttina, invidiosa delle attenzioni che il barcaiolo riservava alle sue sorelle!

Bisognava affrontarla. Il giovane si recò allora al palazzo, ma ciò che vide lo svuotò dei suoi propositi di vendetta: la “strega” si trovava inginocchiata ai piedi di un crocefisso, piangendo calde lacrime mentre pregava. Ma per chi? Possibile che ci fosse un animo così nobile in lei?

Corse a perdifiato raggiungendo la stanza dove la giovane si trovava in preghiera e ciò che udì lo lasciò senza parole: niente maleficio, niente desiderio di vendetta, ma un tale desiderio d’amore da chiedere di ottenere la morte pur di salvare a lui la vita. Nel cielo, intanto, della luce dapprima splendente di sei stelle non rimaneva quasi nulla, tanto era divenuta brillante quell’unica che in origine era fioca fioca.

Porto Tolle (RO): il campo dei fiori di Venere

Se da un lato la storia della fata Lavandula e di come dalle sue lacrime sia nata quella che oggi è la Provenza, dall’altro si sono purtroppo persi i racconti sui mille riti che riguardano la dea Venere. Ciò che ancora oggi si sa è che gli uomini sarebbero attratti irresistibilmente dal profumo di lavanda che lasciava la dea a passeggio tra i mortali. Per questo motivo gli odorosi fiori di questa pianta erano, tra le altre cose, i preferiti degli incantesimi d’amore.

Sapete che proprio grazie a queste antiche tradizioni, ormai quasi totalmente perdute, che è viva ancora oggi l’usanza di mettere dei fiori di lavanda, o rami profumati, nel corredo di ogni giovane sposa? Che ci crediate o meno, visitare un campo di lavanda è un’esperienza davvero coinvolgente, anzi quasi magica.

Perché ve ne parlo in questo contesto? Nella splendida cornice del delta del Po, la terra più giovane d’Italia, più precisamente nella frazione di Ca’ Mello, si è venuto a creare un piccolo angolo di Provenza made in Italy, con una meravigliosa piantagione di lavanda di ben due ettari. È vero che il periodo migliore per visitare questi luoghi è a giugno, durante il periodo di fioritura, ma la loro bellezza naturalistica è tale da poter essere apprezzata tutto l’anno.

Burano (VE): il merletto delle sirene

Agli occhi dei più, la piccola isola di Burano è famosa per gli sgargianti colori con cui sono dipinte le case dei pescatori e per il merletto finissimo prodotto da generazioni dalle donne dell’isola, conteso in molte occasioni dalle migliori case di moda mondiali. Ma avete mai sentito parlare della storia d’amore di Maria e Nicolò, grazie a cui possiamo oggi apprezzare questa stoffa delicatissima?

Ebbene, si narra che questo Nicolò, bravo quanto prestante e valente pescatore, pochi giorni prima delle nozze con la giovane Maria, avesse preso la sua barca e fosse uscito a pescare. Fin qui tutto bene, se non fosse che improvvisamente si ritrovò circondato da sirene bellissime, che tentarono in tutti i modi di sedurlo. Il giovane, pensando intensamente alla sua promessa sposa, l’unica che gli avesse mai fatto battere il cuore in quella maniera, riuscì a resistere agli artefici di quelle donne.

La regina delle sirene allora, ammirata dalla fedeltà del ragazzo alla sua amata, decise di fargli un dono magico per le nozze: batté la sua coda sulle acque e queste, urtando lungo le pareti della barca e rompendosi in mille e più goccioline, crearono un meraviglioso velo da sposa. Ritornato a terra, Nicolò portò alla sua amata il regalo delle sirene e lei, fiera e raggiante, lo indossò alla perfezione il giorno dello sposalizio.

Da allora le altre donne dell’isola tentarono di replicare la bellezza di quel merletto, lavorando il filo con punti sempre più piccoli e delicati.

Valeggio sul Mincio (VR): la leggenda del nodo d’amore

Una tra le poche certezze della vita è che il tortellino nasce in Emilia Romagna. Poi, che il primo tortellino sia stato cucinato a Bologna o Mantova è ancora tutto da decidere (ma sinceramente adesso non ci interessa). In pochi sanno però che un’altra patria di questo tipo di pasta è un piccolo paese del veronese, placidamente adagiato su un’ansa del fiume Mincio: Valeggio sul Mincio.

Torniamo adesso indietro, ai bellicosi tempi in cui Giangaleazzo Visconti aveva posto il campo sulle sponde di questo fiume per fare da testa di ponte per le sue nuove conquiste militari. Una sera il giullare raccontò una bizzarra leggenda: le acque del Mincio sono abitate da bellissime ninfe che amano danzare alla luce della luna mentre un maleficio le costringe ad assumere l’aspetto di altrettante streghe. Leggenda più, leggenda meno, nessuno credette alle parole del giullare e in breve il campo cadde addormentato.

Come in un sogno, le ninfe uscirono dalle loro case sott’acqua e ballarono tra gli uomini addormentati. Nessuno se ne accorse, salvo un capitano di nome Malco, che si lanciò contro di loro per scacciarle. Nella foga della fuga a una di esse, che rispondeva al nome di Silvia, cadde il mantello che la faceva sembrare una strega, permettendo al capitano di ammirare la sua reale bellezza. Che dire, fu subito amore e la ninfa, prima di sparire sott’acqua donò all’uomo un fazzoletto dorato.

Come in ogni leggenda che si rispetti, una “strega cattiva”, questa volta nelle vesti di Isabella, cugina di Giangaleazzo Visconti, si frappose tra i due amanti, gelosa delle attenzioni che Malco rivolgeva a Silvia. Dopo un po’ la donna, resasi effettivamente conto del tipo di legame che univa il capitano alla ninfa decise di aiutarli a scappare.

Le truppe del Visconti e il conte stesso, accortisi della fuga, si lanciarono al loro inseguimento ma, una volta giunti sulle rive del Mincio, degli amanti rimase solo il fazzoletto dorato, legato teneramente a un ramo a ricordo del loro imperituro amore. Per ricordare l’intera vicenda, il tortellino di Valeggio è legato secondo la foggia di quel nodo.

Monselice (PD): la sirena del lago di Lispida

Correva un tempo lontano, quando sirene e fauni si divertivano insieme sulle rive del lago di Lispida passando le ore ad ammirare le bellezze del paesaggio e prendere al volo le lucciole. Una notte di San Giovanni, il 24 giugno di un anno imprecisato, il giovane conte di Monticelli, afflitto da un doloroso male alle gambe, decise di farla finita con il mondo e si recò al lago per togliersi la vita.

Una delle sirene, vedendo la tristezza dipinta sul volto del giovane si mosse a compassione e gli consigliò di non gettare via la sua vita, ma di recarsi sul fondo del lago, prelevare il fango caldo dal fondale e cospargersi le gambe con esso: sarebbe guarito immediatamente. Vuoi perché ormai le aveva provate tutte, vuoi perché aveva riconosciuto la bontà della sirena tanto da innamorarsene, vuoi perché in fondo bisognava trovare una storia plausibile per spiegare le acque terapeutiche del lago, il giovane si tuffò e fece come gli aveva consigliato la sirena. Una volta giunto nuovamente in superficie, però, di quell’essere non ne era rimasta traccia: sparito come se non fosse mai esistito. Il conte, che era guarito seguendo proprio il consiglio della sirena, decise di tornare a cercarla ogni giorno sulle rive del lago sperando in una sua ricomparsa.

Se chiedete ai vecchi abitanti del posto riguardo a questa faccenda, vi diranno di andare al lago alla ricerca del fantasma del conte e della sirena sua amata esclusivamente nella notte di San Giovanni, anniversario del loro primo incontro: solo in questa circostanza ai due è consentito riunirsi. Sembra anche che le donne innamorate riescano durante questa particolare notte a percepire la voce soave della sirena parlare e rivolgersi dolcemente al conte…

Buon San Valentino a tutti!


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